I Disturbi del comportamento alimentare (DCA)
Il trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare presuppone una rete di intervento completa in tutti i vari livelli di assistenza in grado di garantire un percorso di cura appropriato.
La terapia dei DCA deve essere concepita in termini interdisciplinari ed integrati; deve avvenire strutture di cura in cui collaborino sistematicamente figure professionali diverse (internisti, nutrizionisti, psichiatri, psicologi clinici, dietisti) privilegiando, senza mai escludere l’altro, il versante somatico o psichico a seconda delle fasi della malattia; deve consentire una continuità delle cure nel passaggio da un livello assistenziale ad un altro.
L’accesso principale al percorso terapeutico dovrebbe essere quello ambulatoriale che svolge compiti di prima accoglienza, consulenza, diagnosi, rinforzo della motivazione ed orientamento dei pazienti, filtro diagnostico e terapeutico per i successivi livelli terapeutici, di day hospital, di ricovero ordinario e residenziale, in relazione agli elementi clinici emersi durante la valutazione interdisciplinare.
La mappatura nazionale dei servizi
Nel 2008 il Ministero della Salute, la Presidenza del Consiglio e la Regione Umbria hanno dato avvio a una indagine sullo stato dell’arte dell’assistenza in Italia che portasse alla costruzione di una mappa delle strutture e delle associazioni dedicate ai DCA al fine di garantire ai cittadini affetti da tali patologie e alle loro famiglie migliori livelli di accesso e appropriatezza dell’intervento. Il censimento ha portato all’individuazione dei servizi dedicati al trattamento dei DCA sul territorio nazionale. Per ogni servizio sono indicate le informazioni relative alla localizzazione (ente di appartenenza, indirizzo, recapiti telefonici e di posta elettronica), alle caratteristiche organizzative, agli orari di apertura, ai livelli di trattamento disponibili e alle prestazioni erogate.
La mappatura dei servizi e delle associazioni dedicati ai Disturbi Alimentari attualmente è parte integrante del Progetto “DIRITTO DEI GIOVANI ALLA SALUTE ED ALLA CITTADINANZA – Azioni di informazione e studio delle modalità di prevenzione per i giovani cittadini e non cittadini italiani”, promosso e finanziato dal Dipartimento della Gioventù e del Sevizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, il Dipartimento di Ricerca Sociale e Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma e dalla USL 1 dell’Umbria.
Mappa Strutture dedicate ai DCA in Italia
“La mappa delle Strutture dedicate ai DCA in Italia” permette la consultazione di tutte le informazioni disponibili e la ricerca secondo differenti criteri (per Regione e denominazione).
Mappa Associazioni dedicate ai DCA in Italia
“La mappa delle Associazioni dedicate ai DCA in Italia”, che perseguono finalità legate alla prevenzione, allo studio e alla ricerca nell’ambito dei Disturbi del Comportamento Alimentare, permette la consultazione di tutte le informazioni disponibili e la ricerca secondo differenti criteri (per Regione e denominazione).
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Numero Verde Nazionale "SOS Disturbi Alimentari
Tel. 800 180 968
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E’ un servizio anonimo e gratuito. Per informazioni più dettagliate clicca su “SOS Disturbi alimentari”.
Documenti
Nella sezione “Documenti” sono presenti i documenti disponibili relativi alle linee guida internazionali, letteratura e modelli organizzativi adottati dalle diverse Regioni in materia di DCA.
Approfondimenti
Riflessioni epidemiologiche
Nella seconda metà del ‘900, contestualmente ai cambiamenti storici e politici che hanno caratterizzato lo scorso secolo, nel mondo occidentale si è iniziato ad assistere ad un insieme di trasformazioni antropologiche radicali del vivere sociale. Quale conseguenza della stretta correlazione tra condizioni sociali e storiche di vita e variabilità delle manifestazioni psichiche, comincia ad insinuarsi nella popolazione un fenomeno fino ad allora sporadico: il cibo per milioni di giovani inizia a divenire un nemico ed si diffondono i Disturbi del Comportamento Alimentare manifestando una modalità nuova, moderna, di esprimere il proprio disagio psichico. In ogni periodo storico disturbi mentali di rilevanza epidemiologica o di particolare drammaticità illuminano un aspetto specifico della natura umana, mettendo in evidenza paure e conflitti di quel particolare periodo storico. L’esplosione esponenziale dei disturbi del comportamento alimentare si va dunque a collocare su uno sfondo socio-antropologico che diviene il catalizzatore della diffusione di sindromi “culture bound”, legate ovvero ad aspetti culturali caratteristici del proprio paese rispetto a cui il disagio psichico sembra adattarsi .
Si sono così delineati progressivamente i caratteri di una vera e propria “epidemia sociale” (Gordon, 1990) che interessa l’intero mondo occidentale.
Sebbene alcuni studi riportino un incremento dell’ incidenza dell’Anoressia (Eagles, 1995; Moller-Madsen, 1992; Milos G.,2004) molti autori, basandosi su dati raccolti in diversi paesi (Willi, 1990; Hall, 1991; Jorgensen, 1992; Hoek 1995; Turbull, 1996) affermano che il tasso di diffusione dell’Anoressia Nervosa si stia mantenendo piuttosto costante; lo stesso non si può dire per la Bulimia, in continuo incremento. Nonostante un recente aumento dell’incidenza in età prepuberale l’età di maggiore insorgenza dell’Anoressia Nervosa si colloca tra i 15 e i 19 anni (Lucas, 1991) qualche anno prima della Bulimia per la quale stiamo assistendo ad un progressivo interessamento anche delle fascie d’età meno giovani.
La difficoltà a conoscere esattamente la diffusione dei disturbi del comportamento alimentare rispetto ad altre malattie, mentali e non, sta oltre che nella difficoltà di uniformare gli studi, sia nella particolarità di un disturbo la cui prevalenza nella popolazione generale è molto bassa ma che può raggiungere tassi molto alti in sottopopolazioni specifiche sia nella tendenza delle persone affette ad occultare il proprio disturbo e disagio e ad evitare, almeno per un lungo periodo iniziale, l’aiuto di professionisti e la possibilità di un progetto di cura tempestivo.
In una review del 2003 molto accurata, seppur limitata alla popolazione dei Paesi Bassi, Hoek H.W. e Van Hoeken D. stimavano che solo un terzo delle pazienti affette da Anoressia Nervosa e il 6% delle persone bulimiche giungevano all’attenzione dei servizi di Salute Mentale.
Secondo gli studi condotti da Hoek H.W. e Van Hoeken D. l’ Anoressia Nervosa avrebbe un tasso di prevalenza nella popolazione femminile giovane pari allo 0.3% ed un tasso di incidenza, da ritenersi in aumento nelle donne tra i 15 e i 24 anni rispetto al secolo precedente, di almeno l’8 per 100.000 persone per anno. Secondo il rapporto sulle malattie mentali di Health Canada, in Canada dal 1987 c’è stato un incremento del 34 per cento delle ospedalizzazioni di ragazze sotto i 15 anni e del 29 per cento tra i 15 e i 29 anni.
La prevalenza della Bulimia Nervosa nella popolazione femminile giovane avrebbe invece un tasso dell’1% mentre l’incidenza sarebbe pari a 12 per 100.000 persone per anno. I tassi epidemiologici forniti da Hoek e Van Hoeken (ibidem, 2006) concordano abbastanza con quelli forniti dall’ APA in merito alla situazione negli Stati Uniti con una prevalenza dell’anoressia tra 0,5 e 3,7 per cento nella popolazione femminile, a seconda della definizione di caso utilizzata, e tra l’1,1 e il 4,2 per cento per la bulimia Nervosa.
Secondo gli stessi Hoek e Van Hoeken, in accordo con una review molto accurata sull’Epidemiologia del Disturbo da Alimentazione Incontrollata condotta da Striegel-Moore R.H. e Franko D.L., la prevalenza di questo disturbo, meglio conosciuto anche in Italia come Binge Eating Disorder o BED raggiunge l’1% circa nella popolazione generale, sia maschile che femminile.
Secondo i dati raccolti negli USA dall’American Psichyatric Association, il rapporto tra prevalenza nelle donne e negli uomini si attesta tra 1 a 6 e 1 a 10. Questo rapporto cambierebbe nella popolazione adolescente dove i maschi sono tra il 19 e il 30 per cento degli anoressici.
Riguardo alla severità dei disturbi alimentari, secondo una meta-analisi condotta da Harris e Barraclough nel 1998, l’Anoressia Nervosa costituiva il disturbo mentale con il più alto tasso di mortalità; dati provenienti dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute e diversi studi scientifici (Birmingham e coll, 2006) confermano come negli USA i disordini alimentari costituiscano ancora oggi la prima causa di morte per malattia mentale. Per citare un dato recente, nello studio di Birmingham e colleghi la SMR (standardized mortality ratio o rapporto di mortalità standardizzato) calcolata nel loro campione di 954 pazienti è pari a 10.5 laddove l’SMR della popolazione normale è pari a 0.71.
Gli studi condotti in Italia sono relativamente pochi e per la maggior parte limitati a realtà regionali. Uno studio di Favaro A. e coll. fornisce uno spaccato della diffusione dei disturbi alimentari nel Nord-Est Italiano con dati epidemiologici concordanti con la letteratura internazionale e probabilmente estendibili alla realtà della maggior parte del nostro paese. Lo studio, condotto su un campione di 934 ragazze di età compresa tra i 18 e i 25 anni residenti in due aree contigue della provincia di Padova stimava per l’Anoressia Nervosa una prevalenza puntuale dello 0.3% ed una prevalenza nell’arco di vita del 2.0%. La prevalenza puntuale della Bulimia era dell’ 1.8% mentre quella nell’arco di vita del 4.6%. Le forme di Anoressia sottosoglia registravano una prevalenza puntuale dello 0.7% e una prevalenza life-time del 2.6% mentre le forme atipiche di Bulimia raggiungevano una prevalenza puntuale del 2.4% e una prevalenza nell’arco di vita del 3.1%. La prevalenza di tutti i disturbi del comportamento alimentare nel campione era infine pari al 5.3%.
Bibliografia:
American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders. 4th ed. Washington, DC: Amer-ican Psychiatric Association, 1994.
Birmingham CL, Su J, Hlynsky JA, Goldner EM, Gao M. The mortality rate from anorexia nervosa, Int J Eat Disord. 2005 Sep;38(2):143-6..
Eagles J, Johnston M, Hunter D, et al. Increasing incidence of anorexia nervosa in the female population of northeast Scot-land. Am J Psychiatry 1995;152:1266.
Favaro A, Ferrara S, Santonastaso P. The spectrum of eating disorders in young women: a prevalence study in a general population sample. Psychosom Med. 2003 Jul-Aug;65(4):701-8.
Gordon A.R. Anoressia e Bulimia, anatomia di un’epidemia sociale. Milano, Cortina, 1990.
Hall A, Hay P. Eating disorder patient referrals from a popu-lation region 1977–1986. Psychol Med 1991;21:697.
Hoek H, Bartelds A, Bosveld J, et al. Impact of urbanization on detection rates of eating disorders. Am J Psychiatry 1995; 152:1272.
Hoek HW, Incidence, prevalence and mortality of anorexia nervosa and other eating disorders.. Curr Opin Psychiatry. 2006 Jul;19(4):389-94.
Hoek HW, van Hoeken D. Review of the prevalence and incidence of eating disorders. Int J Eat Disord. 2003 Dec;34(4):383-96.
Jorgensen J. The epidemiology of eating disorders in Fyn County Denmark, 1977–1986. Acta Psych Scand 1992;85:30.
Lucas AR, Beard CM, O’Fallon WM, et al. 50-year trends in the incidence of anorexia nervosa in Rochester, Minn.: a popula-tion-based study. Am J Psychiatry 1991;148:917.
Milos G, Spindler A, Schnyder U, et al. Incidence of severe anorexia nervosa in Switzerland: 40 years of development. Int J Eat Disord 2004;36:118.
Moller-Madsen S, Nystrup J. Incidence of anorexia nervosa in Denmark. Acta Psych Scand 1992;86:187.
Striegel-Moore RH, Franko DL. Epidemiology of binge eating disorder. Int J Eat Disord. 2003;34 Suppl:S19-29.
Turbull S, Ward A, et al. The demand for eating disorder care, An epidemiological study using the general practice research database. British Journal of Psychiatry 1996;169:705-12.
Willi J, Giacometti G, Limacher B. Update on the epidemiology of anorexia nervosa in a defined region of Switzerland. Am J Psychiatry 1990;147:1514.
La realtà italiana
In Italia i disturbi del comportamento alimentare coinvolgono approssimativamente due milioni di giovani: su 100 adolescenti circa 10 ne soffrono; di questi 1-2 presentano forme conclamate e più gravi come l’Anoressia e la Bulimia mentre gli altri hanno manifestazioni cliniche transitorie e incomplete. (Dalla Ragione L., 2005.).
Secondo dati aggiornati a novembre del 2006, forniti dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, la prevalenza dell’ Anoressia Nervosa e della Bulimia Nervosa in Italia sarebbe rispettivamente dello 0.2%-0.8% e dell’1%-5%, in linea con quanto riscontrato in molti altri paesi.
Una ricerca seguita dall’ ABA, associazione Italiana per la cura e la prevenzione di Anoressia e Bulimia, condotto dalla Prof. A.M. Speranza stima pari a 0.5-1.0% la prevalenza dell’Anoressia Nervosa in Italia; pari a 1%-3% la prevalenza della Bulimia e pari al 5-15% quella dei disturbi sottosoglia o subclinici. Lo stesso studio stima che il 95.9% delle persone affette siano donne e solo il 4.1% uomini. In uno studio retrospettivo effettuato in Liguria il numero di donne affette risulta sei volte superiore al numero di uomini (Sukkar SG, 2005).
Gli studi condotti in Italia sono relativamente pochi e per la maggior parte limitati a realtà regionali. Uno studio di Favaro A. e coll. fornisce uno spaccato della diffusione dei disturbi alimentari nel Nord-Est Italiano con dati epidemiologici concordanti con la letteratura internazionale e probabilmente estendibili alla realtà della maggior parte del nostro paese. Lo studio, condotto su un campione di 934 ragazze di età compresa tra i 18 e i 25 anni residenti in due aree contigue della provincia di Padova stimava per l’Anoressia Nervosa una prevalenza puntuale dello 0.3% ed una prevalenza nell’arco di vita del 2.0%. La prevalenza puntuale della Bulimia era dell’ 1.8% mentre quella nell’arco di vita del 4.6%. Le forme di Anoressia sottosoglia registravano una prevalenza puntuale dello 0.7% e una prevalenza life-time del 2.6% mentre le forme atipiche di Bulimia raggiungevano una prevalenza puntuale del 2.4% e una prevalenza nell’arco di vita del 3.1%. La prevalenza di tutti i disturbi del comportamento alimentare nel campione era infine pari al 5.3%.
Uno studio analogo è stato effettuato in una provincia Toscana da Faravelli e colleghi riportando valori di prevalenza nell’arco di vita decisamente inferiori a quelli di Favaro: 1.21% per tutti i disturbi del comportamento alimentare, di cui 0.42% l’Anoressia Nervosa, 0.32% Bulimia Nervosa, 0.32% disturbo da Alimentazione Incontrollata (BED) e 0.32% disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati. La diversità dei dati raccolti è attribuibile al tipo di campione costituito da 2355 rappresentanti della popolazione con età superiore ai 14 anni.
Bibliografia:
Faravelli C, Ravaldi C, Truglia E, Zucchi T, Cosci F, Ricca V. Clinical epidemiology of eating disorders: results from the Sesto Fiorentino study. Psychother Psychosom. 2006;75(6):376-83.
Favaro A, Ferrara S, Santonastaso P. The spectrum of eating disorders in young women: a prevalence study in a general population sample. Psychosom Med. 2003 Jul-Aug;65(4):701-8.
Laura Dalla Ragione. La casa delle bambine che non mangiano. Identità e nuovi disturbi del comportamento alimentare. Il Pensiero Scientifico Editore, 2005.
Sukkar SG, Foppiani L, Campostano A. Management and treatment of eating disorders in an Italian region. Eat Weight Disord. 2005 Sep;10(3):204-9
A dieci anni dal lavoro della Commissione di Studio per l’Assistenza ai pazienti affetti da Anoressia e Bulimia Nervosa, il Ministero della Salute di concerto con il Ministro della Gioventù ha ritenuto necessario intervenire nuovamente in questo ambito promuovendo il Progetto “Le Buone Pratiche di cura nei Disturbi del Comportamento Alimentare”, affidato alla Regione Umbria, capofila del progetto.
Il progetto si inserisce nel più ampio quadro del Programma “Guadagnare Salute” finalizzato a rendere più facili le scelte salutari attraverso la promozioni di campagne informative e la realizzazione di azioni che mirino a modificare comportamenti inadeguati che favoriscono l’insorgere di malattie degenerative di grande rilevanza epidemiologica.
Il progetto “Le Buone Pratiche di cura nei Disturbi del Comportamento Alimentare” si propone di verificare lo stato dell’arte dell’assistenza in materia di DCA, di promuovere azioni di sorveglianza finalizzate alla conoscenza della reale entità del fenomeno e alla concreta traduzione delle indicazioni della Commissione nei diversi territori, con lo scopo ultimo di elaborare un documento di buone pratiche che possa costituire un punto di partenza per la costruzione di una riposta adeguata al bisogno di cura dei pazienti affetti da DCA.
Il primo e più importante obiettivo è quello di realizzare una mappa dei servizi specificamente dedicati al trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare con la duplice finalità di informare il cittadino sulle possibilità di trattamento offerte al livello nazionale e di fornire alle Istituzioni indicazioni sulle necessità di potenziamento dell’offerta terapeutica utili alla promozione di ulteriori azioni finalizzate all’adeguamento e omogeneizzazione della risposta ai problemi di salute preventivi, diagnostici, terapeutici, assistenziali e riabilitativi, in termini di numero e tipologia di servizi, di prestazioni erogate, di risorse impiegate e di presenza di percorsi coordinati e completi in ciascuna Regione.
A completamento dell’obiettivo è stata inoltre effettuata una ricognizione della normativa prodotta da ogni Regione in materia di DCA, allo scopo di dare piena espressione degli specifici provvedimenti e del modello organizzativo adottato da ciascuna Regione. I risultati della ricognizione sono disponibile nella sezione “Documenti” alla voce “Normativa regionale”.
Oltre alla creazione della mappa dei servizi dedicati ai DCA, il progetto di propone di realizzare due ulteriori obiettivi, entrambi indispensabili a rispondere in maniera più adeguata al bisogno di cura dei pazienti affetti da DCA: una attività di sorveglianza e una revisione delle evidenze scientifiche in materia di DCA.
L’attività di sorveglianza
L’attività di sorveglianza ha coinvolto per un periodo di 2 anni cinque centri sentinella di comprovata esperienza con l’adozione di una metodologia diagnostica rigorosa e affidabile e l’applicazione di un protocollo terapeutico integrato e multidisciplinare.
Tale osservatorio, coordinato dal Centro dei Disturbi Alimentari Palazzo Francisci ASL 2 dell’Umbria, ha consentito di misurare la frequenza, l’incidenza e la prevalenza dei DCA nei rispettivi servizi, la variabilità e le caratteristiche dei nuovi casi di DCA; di conoscere alcuni dati riguardanti la provenienza e il percorso del paziente; di esaminare l’interazione dei pazienti con le Associazioni e con i Servizi e di valutare gli esiti intermedi e/o finali di tali trattamenti.
I Centri di riferimento, selezionati sulla base di criteri geografici e di numero e livello di integrazione dei servizi erogati sono:
ASL 2 dell’Umbria – Todi: Centro per la Cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare “Residenza Palazzo Francisci
USL 3 della Basilicata – Lagonegro: Centro per la Cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare e del Peso “G. Gioia” di Chiaromonte
ASL 10 Veneto Orientale – Portogruaro: DCAP Servizio per il trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare e del Peso
ASL Roma E – Rete Integrata di trattamento per i Disturbi del Comportamento Alimentare
ASL 2 Savonese – Pietra Ligure: Centro a valenza regionale per i Disturbi dell’Adolescenza e del Comportamento Alimentare
L’attività di sorveglianza ha condotto all’arruolamento di 574 pazienti affetti da Anoressia, Bulimia, BED o DAI (Binge Eating Disorder o Disturbo da Alimentazione Incontrollata), DCA-NAS (Disturbo del Comportamento Alimentare Non Altrimenti Specificati) di cui sono state analizzate le caratteristiche sociodemografiche, sanitarie ed anamnestiche e di cui sono stati valutati gli esiti rispetto al trattamento applicato.
Particolare attenzione è stata rivolta alla durata del periodo di mancato trattamento tra l’esordio e il primo contatto con i servizi e delle ragioni di un eventuale gap, elementi essenziali per la valutazione da un lato dell’efficacia del trattamento, dall’altro della adeguatezza dell’offerta terapeutica disponibile.
I risultati della analisi dei dati relativi all’attività di sorveglianza saranno disponibili nella sezione “Documenti” alla voce “Sorveglianza Epidemiologica”.
La revisione delle evidenze scientifiche
Pur trattandosi di patologie gravi e ad alta diffusione, allo stato attuale non esiste in Italia una Linea Guida Nazionale in materia di DCA.
Nell’ambito del progetto “Le Buone Pratiche di cura nei DCA” si è proceduto ad una revisione sistematica della letteratura sui principali argomenti in tema di trattamento dei DCA, allo scopo di raccogliere le evidenze scientifiche disponibili a livello internazionale e realizzare un documento preparatorio che costituisca la base per la eventuale elaborazione di una Linea Guida Nazionale.
La revisione è stata condotta con metodo scientifico con la collaborazione del Dipartimento di Epidemiologia della Roma E e di un gruppo di 15 professionisti appartenenti alle diverse aree interessate dai DCA.
I risultati della revisione saranno disponibile nella sezione “Documenti” alla voce “Letteratura scientifica”.
Un aspetto che gli orientamenti internazionali e nazionali degli esperti in materia considerano ormai indispensabile è un approccio interdisciplinare integrato per il trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare, che si è dimostrato più efficace degli interventi di singoli professionisti nella cura e nella riabilitazione di tale disturbo.
Secondo tali indicazioni la terapia dei DCA deve essere co ncepita in termini interdisciplinari ed integrati. Sono necessarie strutture di cura, in cui collaborino sistematicamente figure professionali diverse: internisti, nutrizionisti, psichiatri, psicologi clinici, dietisti, privilegiando, senza mai escludere l’altro, il versante somatico o psichico a seconda delle fasi della malattia.
Gli studi di esito internazionali dimostrano che un trattamento integrato ben effettuato ha alte probabilità di efficacia, mentre interventi parcellizzati aumentano la percentuale di cronicizzazione del disturbo.
Un intervento così complesso può inoltre beneficiare della attivazione di una rete omogenea di sinergie tra il Sistema Sanitario Nazionale e quelle Associazioni del volontariato che svolgono attività di studio, sensibilizzazione, prevenzione, informazione e contrasto ai fattori di rischio; e che nel corso degli anni hanno acquisito larga visibilità pubblica pur operando sovente senza che sia stata avviata una efficace comunicazione e cooperazione con i centri che operano nell’ambito del SSN.
Un secondo aspetto riguarda i livelli di assistenza. Nel1998 la Commissione di Studio del Ministero della Sanità per l’Assistenza ai pazienti affetti da Anoressia e Bulimia Nervosa pubblicò alcune indicazioni specifiche in merito al trattamento di queste condizioni.
Tali indicazioni ipotizzavano un modello organizzativo articolato in quattro livelli di trattamento, a seconda delle necessità di intervento (ambulatorio, day-hospital, ricovero ospedaliero in fase acuta e residenzialità extraospedaliera) prospettando una futura rete di assistenza su tutto il territorio nazionale.
I quattro livelli di assistenza sono tutti necessari. L’uno non esclude l’altro, anzi la presenza di una rete completa in tutte le sue parti garantisce l’appropriatezza dell’intervento con particolare riguardo alla presa in carico globale del paziente e della sua famiglia.
L’ambulatorio è e deve rimanere il punto centrale dell’intervento ed è giusto che risponda al 60% della domanda di cura. È necessario però che tale intervento garantisca un reale approccio integrato che comprenda sia l’aspetto nutrizionale sia quello psicologico.
Il day hospital garantisce un livello più intensivo di assistenza in ambiente ospedaliero con un attento monitoraggio delle condizioni cliniche e associato alla riabilitazione nutrizionale (pasti assistiti).
Il ricovero ospedaliero in fase acuta (salvavita) garantisce la presa in carico in momenti più critici della terapia, con lo scopo di stabilizzare le condizioni medico-psichiatriche, gestire le complicanze acute associate al disturbo e preparare il paziente al passaggio ad un altro livello di trattamento.
I livelli residenziali e semiresidenziali, necessariamente extraospedalieri, garantiscono che la riabilitazione (che ha una durata media di 3-4 mesi) possa avvenire in un ambiente adeguato e “osmotico”, dove giovani adolescenti e a volte bambini possano essere curati senza subire gli inevitabili effetti negativi di una lunga ospedalizzazione.
La realizzazione di una rete di intervento completa in tutti i vari livelli di assistenza è dunque la condizione per un percorso di cura appropriato e ottimizzato sul piano delle risorse impiegate.
Tale rete, completa delle sue parti, consente di fornire alle pazienti un percorso assistenziale coordinato e complessivo, valutando attentamente l’utilizzazione dei vari gradi di assistenza durante le diverse fasi della terapia. E’ necessario garantire l’appropriatezza dell’intervento terapeutico, l’accessibilità ad una diagnosi tempestiva e la presa in carico reale del paziente e dei suoi familiari in tutte le varie fasi del trattamento.
La complessità dell’intervento presuppone necessariamente –oltre alla disponibilità della rete di interventi nei suoi vari livelli -una attenta selezione dell’utenza volta ad indirizzare il paziente al livello di trattamento più indicato per ciascun caso, una stretta correlazione tra le varie fasi del trattamento all’interno delle strutture del circuito e una comunicazione costante con i servizi territoriali ed ospedalieri invianti.