“Le mani in pasta” – Riconoscere e curare il Disturbo Selettivo dell’Alimentazione in infanzia e prima adolescenza

“Le mani in pasta” Riconoscere e curare il Disturbo selettivo dell’Alimentazione in infanzia e prima adolescenza
a cura di Laura Dalla Ragione e  Paola Antonelli   

Un libro che descrive come si possono riconoscere le diverse espressioni di tali patologie e di come soprattutto si possa intervenire per aiutare i bambini e le loro famiglie nella difficile ricostruzione di un rapporto sereno con il cibo.  Un’occasione anche per declinare delle ipotesi di prevenzione nella famiglia, nella scuola e ovunque il bambino costruisca la sua idea di mondo e di corpo.
E inoltre un libro che racconta l’esperienza appassionata di un Servizio pubblico della USL 1 dell‘Umbria, il Centro DCA di Umbertide, che dal 2013 ha costruito un percorso specifico per questi bambini dal nome evocativo Le mani in pasta,  titolo anche di questo volume, che speriamo possa essere utile a genitori, educatori, pediatri e operatori della salute per affrontare un problema nuovo e diffuso.


INTRODUZIONE

Lo chiamiamo granello di sabbia.
Ma lui non chiama se stesso né granello né sabbia.
Fa a meno di un nome .
Generale , individuale
permanente , temporaneo
scorretto o corretto.
 
Wislawa  Szymborska
 “La gioia di scrivere”

                                                                      

Il cervello dell’essere umano non potrebbe pensare senza selezionare. Se non selezionassimo il flusso continuo di informazioni, emozioni, ricordi che arrivano alla nostra coscienza,  non riusciremmo a organizzare un pensiero.

Ma selezionare, per l’uomo, è una attività complessa che non risponde a logiche troppo prevedibili, se non quelle della singolarità, intreccio continuo di mente e corpo, emozione e ragione. Si pone dunque il problema dell’individuazione e della libertà di ognuno, come ci dice Roberta de Monticelli [1]. Ci sono persone dove la capacità di selezionare viene alterata e diventa ossessione, una prigione senza sbarre, un perimetro di sicurezza, all’interno del quale  non può entrare nulla di minaccioso e pericoloso. E’ una modalità che ha a che fare profondamente con l’umano. Non a caso gli animali, anche se diventano capaci di interazioni raffinate, non hanno ossessioni, rimpianti o rimorsi. Per avere ossessioni è necessario essere liberi, come lo sono gli essere umani. Anche se questa libertà si declina  all’interno del quotidiano di cui è composta ogni vita umana , anche se è una scelta continua , e dunque può essere compromessa, inibita, alienata da difficoltà, patologie, traumi.

Ci sono dunque persone che selezionano troppo, che cominciano a chiudersi in uno spazio sempre più ristretto perché il mondo fuori fa paura e si pensa di non poterlo governare. La radice delle ossessioni si situa sempre in questa deriva, che diventa sempre più  isolata e costrittiva.

In questo libro parleremo di bambini che costruiscono prigioni, gabbie insormontabili per difendersi da pericoli invisibili per noi, ma spaventosi per loro. All’interno di quello spazio i bambini cominciano ad escludere grandi categorie di cibi,  fino ad arrivare ad alimentarsi con pochissimi alimenti, mettendo a rischio  la loro stessa vita. La selezione avviene attraverso criteri molto diversi: a  volte è il colore, la consistenza, il sapore o l’odore. Ma anche qui la singolarità gioca un ruolo forte, non c’è una apparente ragione per una scelta o l’altra.  Sono disturbi in realtà molto diffusi, la cui conoscenza è scarsa anche tra coloro, come i pediatri e gli educatori ad esempio, che dovrebbero riuscire a riconoscerli precocemente. Anche perché la linea di confine tra la normalità e la patologia è sottile e spesso sfumata. Come distinguere un bambino schizzinoso da uno che ha già strutturato un Disturbo selettivo ? Quando intervenire ?

Come nella favola di Hansel e Gretel, cibo e movimenti emotivi, nell’infanzia così come nel corso della vita, sono sempre strettamente embricati, divorati e divoratori, all’opera nell’inconscio individuale e collettivo.

Da subito il cibo è una comunicazione.  Ma è anche e soprattutto relazione, senza la quale non potrebbe accadere nulla, infatti senza un “accadimento” non ci può essere “attaccamento”, e senza questa dipendenza non potrà mai esserci una vera autonomia. E nella relazione il cibo è mediatore primario: dall’allattamento al pasto ci sarà un passaggio graduale, non sempre semplice. Sempre e comunque, in una società povera di cibi e risorse, in una società opulenta, fra tavole semplici e tavole ricche, ovunque il rito del cibo è mediatore di relazioni e affetti, intorno ad esso vivono scambi ed emozioni che, che se ne sia consapevoli o no, trainano con sé amore e accadimento, relazionalità e rapporti.

Il cibo infatti non è “buono” o “cattivo” in assoluto: ma sempre qualcuno ci ha insegnato a riconoscerlo come tale. L’organo del  gusto, non è la lingua, la mucosa della faringe e dell’epiglottide dove peraltro si trovano 9.000 recettori, i cosiddetti bottoni gustativi, ma il cervello, dove avviene l’elaborazione della percezione del sapore. E dunque tale elaborazione ha sempre a che fare con una cultura di provenienza e così, conseguentemente, la definizione del gusto.

Il nesso tra natura e cultura nell’idea di cibo è molto ambiguo e in un certo senso il rapporto tra l’uomo e il cibo è ciò che di più innaturale possa esistere .

L’uomo sceglie sempre cosa mangiare e, attraverso tali percorsi, il cibo si definisce come un elemento decisivo della identità umana e come uno dei più efficaci strumenti per comunicarla.

Il senso del gusto, insieme a quello dell’olfatto, è quello più  emotivo, più soggettivo e meno trasmissibile. Non è facile, infatti, descrivere a qualcun altro il profumo di gelsomino o l’aroma del caffè, perché si tratta di percezioni intime e difficilmente condivisibili. Questo perché gusto e olfatto sono gli unici due sensi direttamente collegati all’ippocampo che, guarda caso, è il centro della memoria a lungo termine. Il loro marchio è perciò indelebile. Tutti gli altri sensi, invece, vengono elaborati dal talamo, che è collegato al linguaggio, e le loro tracce sono più effimere e meno capaci di richiamare il passato. Tutte le ricerche concordano inoltre che l’età riduce la sensibilità olfattiva (e anche gli altri sensi per i processi inevitabili dell’invecchiamento) ma  senza influire sul gusto, che è l’unico senso che rimane indelebile e anzi accentuato fino alla fine dei nostri giorni.

La grande diffusione dei Disturbi Selettivi dell’alimentazione ci segnala quanto difficile sia, in questo momento, la costruzione di un mondo di relazioni  “nutrienti” per il bambino. E come di fronte ad un evento difficile da elaborare, se non addirittura un trauma, la prima modalità del bambino, per esprimere a se stesso e al mondo il dolore o la paura sia quello di rifiutare e selezionare il cibo. Disturbi che sono stati sempre segnalati nello sviluppo dell’infanzia, ma che  hanno avuto un incremento esponenziale negli ultimi dieci anni. Non è peraltro irrilevante, per spiegare questo dato epidemiologico,  il contesto “tossico” occidentale all’interno del quale  i bambini crescono, dove il cibo e il corpo costituiscono un pericolo e un nemico per milioni di persone di ogni età.

Il libro descrive come si possono riconoscere le diverse espressioni di tali patologie e di come soprattutto si possa intervenire e aiutare i bambini e le loro famiglie nella difficile ricostruzione di un rapporto sereno con il cibo.

Dentro il volume ci sono molte storie e volti di bambini, ma anche il punto di vista dei loro genitori , che si sono rivolti a noi, pieni di angoscia e nello spesso tempo con la fiducia nell’affidarci  il loro bene più prezioso. Essere genitori oggi significa affrontare problemi completamente diversi da quelli delle generazioni che ci hanno preceduto, padri e madri sono oggi protagonisti di battaglie collegate al disagio, alla paura di vivere, alla difficoltà di trovare un significato nella storia dei loro figli. Il mestiere dei genitori oggi contiene anche il difficile compito di contrastare i molti messaggi ingannevoli e fuorvianti che derivano dal mondo esterno, migliaia di informazioni, di idee, di comportamenti che spesso non sappiamo come vengano metabolizzate ed elaborate, ma che hanno un’enorme influenza sulla strutturazione dell’identità.

La partita che si gioca all’interno di tutti questi eventi è proprio quella dell’identità, un’identità in costruzione nel caso di bambini così piccoli, che all’interno del corpo familiare hanno bisogno di apprendere ad esistere, a crescere e anche a separarsi. Compito primario della famiglia è proprio quello di permettere ai suoi membri di vivere l’appartenenza e, al tempo stesso, di sperimentare la separazione, cercando di mantenere in equilibrio queste due spinte così apparentemente contrapposte tra loro. È proprio in questa fitta e intricata trama di ruoli, funzioni, mandati e miti familiari, che tutti i Disturbi dell’alimentazione trovano terreno fertile sul quale attecchire, un luogo privilegiato per svilupparsi, manifestandosi spesso proprio come paura di crescere e di separarsi dai genitori.

Nel volume abbiamo anche cercato di capire come si possano declinare delle ipotesi di prevenzione nella famiglia, nella scuola e ovunque il bambino costruisca la sua idea di mondo e di corpo.

Ma sopratutto abbiamo raccontato l’esperienza appassionata di un Servizio pubblico della USL 1 dell‘Umbria, il Centro DCA di Umbertide, che dal 2013 ha costruito un percorso specifico per questi bambini dal nome evocativo Le mani in pasta,  titolo anche di questo volume, che speriamo possa essere utile a genitori, educatori, pediatri e operatori della salute per affrontare un problema nuovo e diffuso.

 
Laura Dalla Ragione,  Paola Antonelli    

Umbertide,  febbraio 2018

[1]            La novità di ognuno Persona e libertà .R.De Monticelli Garzanti 2012 Milano                        

Ultimo aggiornamento
01/08/2022
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